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13 aprile 2010

Ma cos’é questa crisi, Grecia out è una catastrofe.

Lenta ripresa delle borse, ma la Grecia crolla sotto i debiti.

Parlamento Greco

I mercati azionari già dalla metà del 2009 sarebbero ripartiti, ma la difficoltà dei paesi dell’area Mediterranea : Spagna, Italia, Gracia con Irlanda e Portogallo- a causa del debito pubblico, hanno rallentato la ripresa delle borse. L’indice di borsa Dax future precipita con valori che non si vedevano dal 16/1/2009. Tali effetti sono rilevanti sui cambi e sui bond.

Le borse sono in difficoltà con il rialzo dei bond e il rafforzamento del dollaro. La sfiducia degli investitori nella ripresa economica e quindi la necessità di far salire in tempi brevi i tassi di interesse, lo si vede nel rialzo delle obbligazioni. I capitali provenienti dalla fuoriuscita dagli investimenti in azioni, quando le borse oscillano pericolosamente, sono più sicuri nei titoli governativi come quelli tedeschi, che rappresentano una valvola di sfogo.

Il rialzo del dollaro testimonia la chiusura dei finanziamenti da investire su altri asset. Dalla metà del 2008 lo yen giapponese, che era la valuta più vantaggiosa per pagare i debiti sia per il suo basso costo e per la sua tendenza ad indebolirsi, è stata sostituita dal dollaro. L’incertezza della crisi hanno portato molti speculatori a ridurre il rischio smontando la posizione di vendita di dollari, con il risultato che questa moneta ne esce rafforzata. Il risultato che l’effetto “porto sicuro” o come dicono gli anglosassoni “safe heaven” era diventato una certezza da non trascurare e quindi molti investitori avevano detenuto dollari, ma anche euro come riserva.

Aver considerato anche l’euro una riserva, la moneta unica sarebbe stata utilizzata come strumento di pagamento per acquisti di materie prime e petrolio. Si è dell’idea che il peggio è passato, con alcuni dei metalli industriali che balzano in avanti e il tasso di interesse senza fine ai minimi storici e le emissioni obbligazionarie, si vede riportato il mercato a gonfie vele a livelli del 2006 con il differenziale di rendimento tra i titoli di stato e i titoli a rating molto più basso.

Questo non è altro che una vera bolla con reali prospettive di ripresa dell’economia, ma i problemi reali del livello di disoccupazione storicamente molto elevato con la conseguenza del rischio della riduzione dei consumi e con gli interventi straordinari da parte dei principali governi per uscire dalla crisi, va sempre più diminuendo. Il pesante deficit dei paesi europei e con l’esplosa crisi profonda della Grecia, riporta il mercato per parecchi mesi indietro, dove è il dollaro la moneta forte degli scambi. Alcuni paesi nel mercato, quelli che abitualmente speculano al ribasso come gli hedge fund che portano i profitti molto in alto, possano trovare delle scuse in questa situazione e lo si vede dall’andamento del dollaro e Bond, dove questi ultimi raggiungono aree 123,50 e 124,50 da parte del contratto sul principale Gov’s europeo.

A giugno in area 126,50, area di resistenza che non rappresentano un punto di arrivo ma una correzione di sviluppo. Con l’ampiezza conosciuta dai movimenti, è possibile immaginare lo sviluppo temporale da collocare il possibile obiettivo in area 130. E’ però difficile sostenere il rialzo al di sotto di 122, dove transitano sia la media mobile a 100 sedute sia la linea di tendenza tracciata dai minimi di luglio 2008 e giugno 2009. In caso di discese al di sotto di aree 122 si può ipotizzare un rapido sgonfiarsi delle quotazioni dei Bond future e degli altri conseguenti e legati mercati.

L’attuale politica dei tassi bassi non possono portare certo a migliorare l’inflazione e ad un rapido ridimensionarsi delle quotazioni obbligazionarie, con le borse che dovrebbero avantaggiarsi sul miglioramento della congiuntura. A breve termine i mercati devono fare i conti con il rischio di default per alcuni dei Paesi dell’Euro dove gli speculatori ci nuotano con sicurezza. Il rafforzamento del dollaro sia sull’euro che in termini di dollar index e quindi nei confronti delle altre principali valute, è molto simile a quella del Bond future.

L’intero sistema dell’euro è frenato per timori anche se nel 2010 l’Europa potrebbe fare in termini di Pil e aumentare l’occupazione meglio degli USA. I mercati stanno concentrando la propria attenzione in questa fase sul dollaro i bond governativi e le borse che non è delineato in modo netto. Il vero orientamento dei mercati non è chiaro per via delle tensioni speculative. A medio termine è possibile pensare che i bond siano destinati a scendere, ma questa tendenza potrà essere rimandata fino a che la situazione in Europa non sarà stabilizzata.

Il risparmiatore per tenersi lontano dal rischio, dopo i recenti cali, deve sfruttare un eventuale rimbalzo di borsa, dirottando solo una parte delle risorse liberate dai bond governativi tedeschi e mantenersi con una certa liquidità. E’ questo un periodo dove è meglio un eccesso di prudenza che un eccesso di fiducia. La lira e la sterlina svalutata nel 1992 è un lontano ricordo. Tra i Paesi del Mediterraneo maggiormente in crisi è la Grecia che non ha saputo gestire la crisi e paga il prezzo della sua irresponsabilità fiscale degli anni passati. La crisi debitoria di questo paese si avvicina ad un punto di non ritorno e un piano di salvataggio appare drammaticamente improponibile, anche per la inflessibilità della Germania.

Gli investitori hanno portato i tassi di interesse sul bond del governo greco alle stelle, facendo aumentare i conti di finanziamento del Paese, facendo sprofondare sempre più nei debiti la Grecia, lasciando dietro di se la sfiducia. E’ anche vero che navigare in una politica monetaria deflazionaria è stato pericoloso. La crisi di questo paese non è accusabile tutto al debito pubblico con il suo pur alto 113 per cento del Pil, dove altri paesi hanno raggiunto tali valori senza precipitare in una buia crisi.

La zona euro per la Grecia sembrava vantaggiosa in quanto le garantiva prestiti di grande flusso a basso prezzo. Col passare del tempo i prezzi in Grecia sarebbero dovuti scendere, ma a differenza degli Americani del dopoguerra, dove l’inflazione dissolse parte del suo debito, la Grecia vede il proprio debito aumentare a causa della deflazione che come passaggio doloroso impone uno scotto alla crescita e all’occupazione e così la Grecia non si libera del suo indebitamento. L’unica soluzione che può usare in queste circostanze è taglio alla spesa pubblica e ingenti aumenti fiscali. I mercati dei bond stanno perdendo fiducia e spingendo la situazione sull’orlo dell’abisso.

La speranza era riposta negli altri paesi dell’Unione a un’intesa a garantire il debito greco in cambio di un impegno a una rigorosa e severa austerità fiscale. Senza però il sostegno della Germania, non ci sono risultati. La Grecia allora potrebbe abbandonare l’euro e procedere a una svalutazione, ma ciò non è possibile senza innescare una situazione catastrofica per il sistema bancario. Bisogna quindi occuparci dei grandi problemi a lungo termine. Tenersi lontano dalla deflazione ma anche da un’inflazione eccessivamente bassa.

Il Giappone ha dimostrato che si può rimanere impantanati in una trappola deflazionaria anche con una propria valuta. I falchi dell’inflazione verrebbero che la Fed alzasse i tassi e il governo federale si ritrasse dal piano di stimoli, anche se l’occupazione riprende solo timidamente. La crisi in Grecia non ci insegna nulla, ma è bene pensare che le cose possono cambiare.

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